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La storia del tè e della sua diffusione, prima in tutto Oriente e poi in Occidente, è antichissima e affonda le sue radici in un passato di cui ancora molti particolari non sono ben chiari.
La pianta del tè è originaria della provincia di Sichuan, situata nella parte sud-occidentale della Cina, il cui nome significa letteralmente “Quattro fiumi”. Si tratta di una regione dalle caratteristiche orografiche piuttosto particolari, in quanto qui si trovano pianure vicino a rilievi montuosi molto imponenti, che arrivano fino all’altezza di 6500 metri.
In questa popolosa regione della Cina, la cui cultura è assimilabile a quella tibetana, il tè ha avuto la sua primissima diffusione, per poi estendersi in tutto l’Oriente e persino in Occidente.
La posizione della provincia del Sichuan a ridosso del Fiume Azzurro (Yang-tze) potrebbe essere stata favorevole alla diffusione del tè: infatti, nel VII secolo il bacino del Fiume Azzurro venne ampliato attraverso un canale artificiale che estese il suo percorso fino al Fiume Giallo. In questo modo, anche le coltivazioni del tè si diffusero verso nord.
In origine la produzione del tè era infatti relegata a quest’unica provincia e i traffici si estendevano lungo la cosiddetta via del tè, che ripercorreva i tragitti della via della seta e della via dei cavalli.
Quanto iniziò esattamente l’abitudine a bere il tè non è però del tutto chiaro: nella storia del tè, miti e leggende si mescolano con testimonianze più realistiche, secondo le quali il tè si sarebbe diffuso soprattutto tra i monaci buddhisti, che la usavano come bevanda per rimanere svegli durante le lunghe meditazioni.
La leggenda cinese sostiene che l’uso della bevanda iniziò per caso con l’imperatore Shen-Nung, intorno al 2750 a.C. Mentre riposava sotto una pianta Sheng-Nung si fece portare una tazza di acqua calda. Una foglia staccatasi da una pianta di tè cadde nella tazza e l’imperatore, bevendo l’infuso che ne ebbe origine, si sentì immediatamente bene e iniziò a berlo tutti i giorni.
In Giappone la leggenda dell’origine del tè cinese non ha molto credito, mentre si pensa che il tè abbia avuto origine nel nord-est dell’India e che si sia diffuso grazie al fondatore del buddhismo zen Bodhiddharma.
Secondo la leggenda giapponese, nel 520 d.C. il patriarca del buddhismo si spostò dall’India alla Cina per predicare la sua religione. Restò per nove anni in meditazione ma un giorno si addormentò: quando si risvegliò per la rabbia di essersi addormentato si tagliò le palpebre. Dalle palpebre gettate a terra nacque la pianta del tè.
Quello che è certo è che durante la dinastia Tang, il tè era ormai talmente diffuso che intorno al 758 d.C. il letterato e poeta Lu Yu scrisse un libro chiamato Il canone del tè che è un vero e proprio trattato sulla bevanda, con influenze della filosofia zen. Questo permise una diffusione ancora più massiccia della bevanda e codificò la cerimonia del tè.
In questo stesso periodo, i monaci buddhisti che si erano recati in Cina, portarono anche in Giappone la pianta e del tè e pian piano iniziò la coltivazione anche in questo paese. Anche la famosa cerimonia del tè lentamente si trasferì dalla Cina al Giappone, assumendo riti e caratteristiche proprie.
Anche la diffusione del tè in Tibet è raccontata attraverso una leggenda. Secondo la tradizione, infatti, l’uso del tè iniziò dopo il 641 d.C. e coincise con le nozze tra il re del Tibet Songtsen Gampo e la principessa Wen Chang, che faceva parte della dinastia Tang.
La principessa portò con sé il tè e man mano l’usanza di berlo iniziò a diffondersi anche il questo luogo in cui, tra l’altro, il fatto che fosse una bevanda calda risultò ancora più piacevole a causa del clima molto rigido.
Iniziò, dunque, un periodo di intensi traffici tra Tibet e Cina: l’usanza era di scambiare il tè con i cavalli che, a quei tempi, erano strategici per combattere contro i Mongoli.
Oggi l’India è uno dei maggiori produttori di tè al mondo e la sua tradizione è molto antica, se già nel Ramayana, opera religiosa datata attorno al III secolo a.C. si fa riferimento a questa bevanda come medicina.
In realtà la pianta utilizzata in India era una variante locale della classica pianta del tè: la Camellia sinensis assamica. Quando venne scoperta dagli inglesi, nel XIX secolo, iniziarono a far coltivare il tè in India.
Fu la Compagnia Britannica delle Indie Orientali a organizzare la realizzazione di piantagioni ad Assam, e, grazie al trasferimento di alcuni coltivatori cinesi che insegnassero le loro tecniche agli autoctoni, iniziò una produzione di buon livello che, secondo i commercianti britannici, poteva tranquillamente competere con quella originale cinese.
Questo diede l’avvio a un mercato fiorentissimo che ancora oggi contribuisce in buona parte all’economia indiana.
Il tè in Europa arrivò piuttosto tardi: anche in questo caso furono i commerci delle Compagnia delle Indie Orientali a portare in patria prodotti nuovi. In questo caso furono gli olandesi che nel 1606 portarono per la prima volta il tè in Europa.
Tuttavia, ci vollero ancora diversi anni prima che la bevanda si diffondesse, tanto più che era una bevanda piuttosto cara e solo i ricchi se lo potevano permettere. Questo fece sì che il tè diventasse quali uno status-symbol.
Anche nel caso europeo pare che fu un matrimonio regale a fa conoscere il tè su larga scala. Secondo la tradizione Caterina di Braganza, principessa del Portogallo, quando nel 1661 si sposò con Carlo II di Inghilterra portò in dote uno scrigno contenente il tè, che ebbe molto successo a corte tra le dame che frequentavano i salotti reali.
Anche la duchessa Anna di Bedford nella seconda metà del XIX secolo condivise l’abitudine di bere il tè, chi diffuse maggiormente l’uso di prendere il tè alle cinque fu la regina Vittoria d’Inghilterra, durante il regno della quale il paese si fermava per l’afternoon tea.
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