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In origine il tè nacque come medicina e in seguito si trasformò nella bevanda che oggi conosciamo.
La tradizione vuole che il tè sia nato in Cina attorno al nono secolo e nel corso dei secoli si sia diffuso prima in Giappone, attorno al decimo secolo, quindi in tutto Oriente e, infine, in Europa e nel resto del mondo.
Le prime testimonianze dell’esistenza del tè in un documento europeo risalgono allo stesso periodo. In quel documento si riportava una affermazione di un viaggiatore arabo secondo la quale nel 879 le imposte sul sale e sul tè di Canton sarebbero state l’entrata principale del luogo.
Anche Marco Polo, poi, riferisce che un ministro cinese delle finanze sarebbe stato destituito nel 1285 per aver aumentato eccessivamente le imposte sul tè.
Fin dal principio, si legò al tè anche un aspetto spirituale, tanto che veniva utilizzato dai monaci per rimanere svegli durante le lunghe meditazioni. Ma con il tempo assunse i connotati di una vera e propria filosofia, fino a concretizzarsi nella cerimonia del tè che, secondo molte testimonianze, ebbe origine dalla filosofia zen.
Zen è la pronuncia giapponese della parola al cinese ch’an, che deriva dal sanscrito dhyana. Il suo significato è “visione”, ma in senso lato significa anche “meditazione”, in quanto viene usato per indicare le fasi della meditazione fino all’unione con Dio.
Lo zen trae le sue origini dalla antica cultura indiana, passando attraverso l’esperienza del monaco Bodhidharma che trasferì la conoscenza in Cina nel V secolo e da lì prese in nome di ch’an e si diffuse grazie a moltissimi seguaci.
Quando poi giunse in Giappone, portata nel XII secolo dal monaco giapponese Dogen, prese in nome ed iniziò a essere conosciuta come zen.
Tuttavia, nel corso del tempo si introdussero alcune differenze tra le varie forme. Mentre nella cultura indiana e cinese l’obiettivo principale era quello raggiungere la santità interiore attraverso la meditazione, lo Zen Giapponese ha come fino quello dell’applicazione della filosofia alla vita quotidiana attraverso buoni comportamenti e stili di vita corretti.
Forse anche per la più comprensibile applicazione pratica, lo zen si diffuse più facilmente, diventando la religione dei samurai, condizionando i comportamenti con la gentilezza dei modi e influendo sulle usanze come la cerimonia del tè.
Anche in molti altri campi della cultura come l’architettura, l’arte, la poesia, le arti marziali, etc. subirono un’importante influenza di questo modo di pensare e di intendere la vita sociale. La filosofia zen stessa riconosce la cerimonia del tè come un’arte, al pari delle altre, tanto che si pensa che il rito del tè possa essere considerato come una pratica di meditazione.
La leggenda narra come l’abitudine di offrire il tè agli ospiti fosse un vero e proprio rituale e risalirebbe a Kuan Yin-tzu, discepolo di Lao-tzu, fondatore nel taoismo, che proprio a quest’ultimo avrebbe offerto una tazza di tè presso le porte del passo di Han.
Non è ben chiaro quanta veridicità abbia questo racconto, che viene riportato anche nei testi scolastici cinesi sulle origini del tè, tuttavia l’esistenza di questa leggenda è importante al fine di testimoniare che i taoisti fin dai tempi antichi usavano il tè.
A portare il tè in Giappone sarebbero stati proprio i monaci dopo essere stati in Cina, dove erano venuti a conoscenza di questo elisir usato per fini terapeutici e nella meditazione.
Il fondatore della scuola zen-rinzai Elisai avrebbe persino scritto un trattato sul tè e la prima cerimonia del tè sarebbe stata celebrato proprio in suo onore, al ritorno di uno dei suoi lunghi viaggi in Cina.
L’abitudine di bere il tè si diffuse nel periodo Kamakura (1185-1333), che è lo stesso periodo in cui la filosofia zen arrivò in Giappone: pare quindi evidente anche da un punto di vista storico e cronologico un legame molto stretta tra la cultura zen e il tè.
Proprio grazie a questo legame, i monaci zen portarono nella cerimonia del tè un’importante trasformazione estetica e spirituale, inserendo i concetti di semplicità, sobrietà e purezza in tutto gli aspetti della cerimonia del tè. Dagli utensili all’abbigliamento, dall’arredamento della stanza del tè alla gestualità, dalla organizzazione degli spazi del giardino ai comportamenti, ogni aspetto del rito fa parte di un vero e proprio stile, codificato nel XVI secolo da Sen No Rikyu. Egli stabilì le regole da rispettare, fin nei minimi particolari, introducendo specifici gesti da rispettare. Inoltre progettò la stanza del tè in modo indipendente dal resto dell’edificio. Grazie a Sen No Rikyu i principi della filosofia zen entrarono definitivamente nella cerimonia del tè.
I principi su cui si basa la cerimonia del tè sono quattro: armonia, purezza, rispetto e serenità.
È il principio fondamentale ed è anche il più importante tra gli esseri umani. Di conseguenza la condivisione del rito del tè non deve essere pura esteriorità ma rappresentare l’armonia reale. Per poterla raggiungere, tuttavia, è necessario che anche gli ambienti circostanti si trovino nella stessa condizione armonica.
L’armonia poi è anche armonia dei gusti che si trovano nei pari passaggi della cerimonia: pasto leggero, tè denso e tè leggero.
Con rispetto si intende la capacità di capire e accettare gli altri e va coltivato anche nei confronti dell’ambiente circostante e dei gesti. Per questo l’atteggiamento durante la cerimonia è di umiltà, con reciproca attenzione tra invitato e ospite.
La purezza del cuore è la capacità di trattare sé stessi con cuore puro e aprirsi generosamente verso l’altro. Solo con questo atteggiamento si possono raggiungere l’armonia e il rispetto. La purezza si concretizza anche nella pulizia con cui devono essere gestiti anche gli ambienti e gli abiti. Ciò conduce alla semplicità e alla sobrietà che non possono trascendere dalla cura.
La tranquillità rappresenta l’ultima fase, quella in cui si raggiunge l’altruismo, e diventa a sua volta una nuova fase di partenza.
Il momento di unione con gli altri commensali durante la cerimonia del tè contribuisce a raggiungere e a migliorare questo stato di tranquillità.
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