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Sebbene il tè sia di origine cinese, il suo arrivo in Giappone risale al VIII secolo e la sua diffusione ebbe luogo attorno al X secolo. Una tradizione molto lunga e molto sentita, tanto da portare alla creazione di una vera e propria cerimonia del tè.
Si tratta infatti di un rito spirituale legato alle arti tradizionali zen: Cha No Yu (茶の湯) è il nome originale di questa cerimonia e significa semplicemente “acqua calda per il tè”.
Sarebbe stato il monaco Eisai (1141-1215) a portare il tè in Giappone: alcuni ritengono che fu proprio in suo onore, al ritorno da uno dei suoi viaggi in Cina, che per la prima volta di sarebbe celebrato il rito del tè. Il monaco Murat Juko (1423 – 1502) avrebbe, poi, preso spunto dalla cerimonia del tè cinese per unirla allo stile wabi-cha giapponese. Secondo altri, dopo molti secoli in cui questo rito si era già diffuso, sarebbe stato un monaco buddhista zen Sen no Rikyu, che visse nel XVI secolo, a codificare le procedure dello Cha No Yu, riprendendo la tradizione dei monaci zen e unendola alle regole di sobrietà e semplicità.
Il rituale del tè è una cerimonia che fa parte di molte culture orientali. Quella nipponica raccoglie in sé molti aspetti peculiari della cultura giapponese: armonia, rispetto, purezza e tranquillità sono infatti le linee essenziali, rappresentate attraverso i corrispondenti ideogrammi, attraverso le quali si svolge la cerimonia.
Ciò implica che oltre alla spiritualità strettamente connessa con il rito ci siano anche una serie di procedure da rispettare rigorosamente. Si tratta di un vero e proprio stile che abbraccia aspetti come l’abbigliamento, l’utilizzo di determinati utensili, i luoghi in cui la cerimonia si svolge e la gestualità. Tutto va seguito secondo le prescrizioni, sebbene esistano diverse varianti del rito.
Lo Cha No Yu viene chiamato anche via del tè, e corrisponde a un vero e proprio percorso durante il quale si osservano rituali prestabiliti.
Il tutto è composto da tre passaggi fondamentali di cui il primo è rappresentato da un pasto leggero, detto kaiseki, il secondo dall’assunzione di una tazza di tè denso (koicha) e un ultimo momento caratterizzato dall’assunzione di un tè leggero (usucha).
I tre momenti vengono celebrati solo nei riti ufficiali, altrimenti si usa fare un rituale più breve composto solo dall’ultimo passaggio.
Per il rito del tè si utilizza una varietà di tè matcha, che è un tè verde, quindi non fermentato, caratterizzato dall’avere moltissime proprietà benefiche. Infatti, è un antiossidante e contiene molte vitamine e sali minerali. Contiene anche parecchia caffeina, motivo per il quale anticamente veniva utilizzato dai monaci per rimanere svegli durante le lunghe meditazioni. Questa varietà viene coltivata solo in Giappone in quanto richiede condizioni climatiche particolari e attraverso tecniche tradizionali.
Inoltre, per il rituale non viene preparato attraverso l’infusione, ma per sospensione. Ciò significa che le foglie del tè vengono messe direttamente nell’acqua.
I luoghi tradizionali in cui si volge la cerimonia del tè sono la sala da tè, detta tatami, e il giardino. Attualmente non tutte le sale del tè sono dotate di giardino, ma nella tradizione era molto importante. Organizzato in modo da rispettare i concetti di sobrietà e semplicità, il giardino era fonte di calma e serenità: le piante e i fiori non dovevano avere colori troppo accessi per non distrarre l’attenzione, mentre pietre di varie fogge disegnavano un percorso per raggiungere la sala del tè. Inoltre, di fianco all’entrata della sala erano poste una lanterna rossa e un bacino di pietra dove i commensali potevano lavare le mani prima di entrare.
La sala da tè in genere aveva un ingresso più basso, in modo tale da costringere chi entrava a chinarsi in segno di umiltà: all’interno erano suddivisi tre ambienti di cui una sala per l’attesa (tokonoma), in cui erano presenti pergamene o fiori stagionali, la sala della preparazione e la sala per il rito.
Anche gli utensili rivestono una notevole importanza all’interno del rituale e richiedono il rispetto delle prescrizioni.
La frusta del tè è detta chasen e ha la funzione di stimolare la sospensione per ottenere una specie di schiuma. Ci sono poi il contenitore delle foglie di tè verde, detto natsume, il cucchiaio per le foglie del tè, detto chashuku, la tazza da cui sorbiranno il tè tutti i partecipanti, il piatto per i dolci e il bollitore.
Anche la disposizione degli utensili deve seguire indicazioni precise. La tazza del tè viene posta sul tatami davanti al commensale e il commensale la prende con la mano destra e la pone sul palmo della sinistra. Dopodiché la ruota di novanta gradi in modo che la parte frontale non sia più rivolta verso di lui e sorbisce il tè con piccoli sorsi, quindi la ripone sul tatami.
Quando tutti i commensali hanno sorbito il tè, il Cerimoniere si accerta che nessuno ne desideri ancora, lava gli utensili e li ripone al proprio posto.
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